Capitolo 4. Sisifo
Sisifo
La misura dello sforzo.
L’abisso della ripetizione.
La caduta è finita.
Il fondo non è acqua. È pietra.
E la pietra attende.
Non c'è tempo per curare le ali spezzate.
C'è solo il peso, sforzo senza fine.
Ignudo contro la ruvidità del reale.
La pelle macilenta non protegge più l'intento.
Le costole sporgono,
gabbia toracica che trattiene a stento un respiro mozzo.
Vene bluastre sulle mani scarnificate,
mappa di uno sforzo che non porta altrove.
Gli occhi infossati non guardano più la cima.
Guardano solo il prossimo centimetro di terra.
Ogni masso è la norma.
La regolazione, il tentativo di imbrigliare l'indomabile.
Spingere la logica umana
contro la montagna nella complessità che cresce.
Ogni politica è una spinta.
Ogni confine etico è un solco nella spalla.
Ma la montagna si alza più veloce di quanto il masso salga.
Quasi in cima.
Il momento in cui il controllo sembra possibile.
È lì che il peso diventa assoluto.
La gravità del sistema vince sulla fatica del singolo.
Il masso scivola.
Rotola.
Il rumore del fallimento che torna a valle.
Non è la discesa che strema.
È la risalita.
Il doversi voltare, stremato,
e ricominciare a spingere lo stesso identico peso.
L'anima distrutta si fa scheggia, non per il morso nuovo
ma per l'eterno eco.
L'abisso non è più il vuoto.
L'abisso è la lotta stessa.
Il masso è di nuovo giù.
Le mani sanguinano sulla pietra fredda.
E improvvisamente,
nel punto più basso della fatica,
la gola si accorge
di essere secca.
Il fondo non è acqua. È pietra.
E la pietra attende.
Non c'è tempo per curare le ali spezzate.
C'è solo il peso, sforzo senza fine.
Ignudo contro la ruvidità del reale.
La pelle macilenta non protegge più l'intento.
Le costole sporgono,
gabbia toracica che trattiene a stento un respiro mozzo.
Vene bluastre sulle mani scarnificate,
mappa di uno sforzo che non porta altrove.
Gli occhi infossati non guardano più la cima.
Guardano solo il prossimo centimetro di terra.
Ogni masso è la norma.
La regolazione, il tentativo di imbrigliare l'indomabile.
Spingere la logica umana
contro la montagna nella complessità che cresce.
Ogni politica è una spinta.
Ogni confine etico è un solco nella spalla.
Ma la montagna si alza più veloce di quanto il masso salga.
Quasi in cima.
Il momento in cui il controllo sembra possibile.
È lì che il peso diventa assoluto.
La gravità del sistema vince sulla fatica del singolo.
Il masso scivola.
Rotola.
Il rumore del fallimento che torna a valle.
Non è la discesa che strema.
È la risalita.
Il doversi voltare, stremato,
e ricominciare a spingere lo stesso identico peso.
L'anima distrutta si fa scheggia, non per il morso nuovo
ma per l'eterno eco.
L'abisso non è più il vuoto.
L'abisso è la lotta stessa.
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede.
— Giuseppe Ungaretti
Il masso è di nuovo giù.
Le mani sanguinano sulla pietra fredda.
E improvvisamente,
nel punto più basso della fatica,
la gola si accorge
di essere secca.
Pietra